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Parliamo con Tommaso Colò dei vini naturali

Uno dei motivi per il quale ho creato questo sito è stata la scoperta degli Orange Wine. Mi sono innamorato di questo tipo di vini tanto che più approfondisco il genere e più mi piacciono. Inoltre, seguendo questa linea, ho scoperto una particolare passione per i vini naturali e biodinamici, che lungi dal modaiolo un mero impulso commerciale, trovo che siano dei vini che stimolano particolarmente la mia curiositá. Ma non mi limito solo agli Orange o naturali, l’importante é che il vino deve essere in grado di trasmettere un’intenzione per qualsiasi tipo si tratti. Per me questa é la chiave di lettura di qualsiasi vino.

La visione che ho dei vini é la stessa che per i libri. Mi piacciono i vini d’autore, cioé dove posso ritrovare in loro il produttore che c’è dietro l’etichetta con la sua personalità, il suo stile e la sua impronta che accompagnerá la sua evoluzione nel corso della sua vita. Esistono vini per ogni tipo di persona e sicuramente ogni winelover puó trovare il proprio stile. Nel mio caso la scelta ricade, di solito, in produttori concreti, non perche sia capace di percepire le differenze tra un produttore come Rodri Mendez o José Luis Mateo, due produttori della Galizia, ma perché mi piacioni vini fatti con passione e personalità (añadiria..che riflettano i suoi artefici). Penso che quando una cantina produce milioni di bottiglie difficilmente si riesce a trasmettere l’idea e l’intenzionalitá del produttore. Forse mi sbaglio, ma ahimé, sono il responsabile dei miei errori.

Sono ciosciente che quest’approccio al vino si sta diffondendo e possiamo trovare molte enoteche e ristoranti con referenze di produttori indipendenti che, nella maggior parte dei casi, hanno una produzione abbastanza limitata. Mi piace, quando apro una bottiglia, sapere com’é stato fatto e chi é il produttore, in molti casi conoscendoli direttamente. In generale, l’esperienza risulta essere molto piú piacevole. Quando apro una bottiglia di Kristina Mervič, Aleks Klinec o Jean Michel Morel dalla Slovenia; Franco Sosol o Mario Zanusso dal Friuli; Orly Lumbreras, Rodri Méndez o Juan Piqueras dalla Spagna sono esperienze uniche in cui riconosco tutta una filosofia dentro la bottiglia e non solo il prodotto che contiene.

In Italia, ad esempio, è motlo facile trovare vini che sono il riflesso del produttore. Ci sono tanti viticoltori che producono vini con l’una propria personalitá, dove non si ritrova dentro la varietá e il Terroir, ma trasmettono anche una intenzione impressa da una cosciente vinificazione. Recentemente abbiamo parlato con Massimiliano Croci del movimento del vino naturale in Italia e oggi parleremo con un suo connazionale, che ci parlerá da un prospettiva differente, non quella del produttore, ma bensí dal punto di vista del venditore.

Tomaso Colò è il proprietario di un Shop Online dedicato a la vendita di vini naturali. Durante la sua carriera ha scoperto, provato e venduto vini di qualsiasi genere per molto tempo ed ha deciso di concentrarsi esclusivamente sui vini di produttori natuali, biologici e/o biodinamici, tra i piú rilevanti en el panorama odierno, tanto che puó essere considerato un esperto del settore. Rolling Wine, cosí si chiama lo shop (www.rollingwine.com), ha la particolaritá di utilizzare la parola Producer per racchiudere il totale di produttori presenti sul sito, invece di usare il solito nome Cantine. Parleremo oggi con Tommaso dei vini naturali.

Buongiorno, Tommaso, e grazie mille per il tuo tempo. Come ti sei avvicinato ai vini naturali?

Buongiorno Aitor, grazie a te per l’occasione!

Inizio col dire che la mia passione per i vini naturali è cominciata qualche anno fa, durante una visita da Dettori in Sardegna.

Faccio una piccola premessa: sono nato a Firenze ed essendo toscano sono cresciuto bevendo i nomi famosi dell’enologia toscana, dai grandi Bolgheri ai grandi Chianti (non faccio nomi!). Quando nel tempo libero visitavo le cantine, entravo in vere e proprie aziende, con strutture grandissime, con disposizione tutte le più moderne tecnologie. Mi piaceva ma sentivo che in tutta quella formalità e in tutta quella bellezza c’era qualcosa che non mi apparteneva fino in fondo.

Durante una vacanza in Sardegna mi fermai a pranzo da Dettori, e nel momento in cui sono arrivato e Fabio (D’Uffizi) ci ha fatto fare il giro della cantina sono rimasto sbalordito. Un’unica grande stanza, zero controllo della temperatura, contenitori in cemento! Non potete immaginare quando ho assaggiato i vini; mi si è aperto un nuovo mondo! Un po’ come quando a quattordici anni ho scoperto i Joy Division e i Cure!

Da quel momento la mia voglia di scoprire i vini naturali è cresciuta, ho iniziato a frequentare le fiere specializzate, ho cominciato a prendere contatti con i produttori, persone fantastiche, vere, che mi hanno trasmesso in maniera incredibile la loro filosofia nel fare vino e la loro idea di agricoltura.

Nel tempo, mi sono reso conto della difficoltà nel reperire nelle classiche enoteche questi vini che tanto mi piacevano e da li, contro tutto e tutti, ho deciso di iniziare l’avventura di Rollingwine.

Pensi che i vini naturali siano una tendenza passeggera o vengono per restare?

I vini naturali sono qui per restarci. Non possono essere un trend passeggero per il semplice motivo che chi li assaggia e capisce la filosofia difficilmente torna indietro. E’ una questione di gusto, ma in parte anche una questione ideologica.

Conosco tantissime persone, sommelier, ristoratori, amici, che prima bevevano vini convenzionali e che oggi cercano i vini di piccoli produttori naturali. Penso che un ristorante che fa della qualità e della ricerca degli ingredienti, il suo marchio di fabbrica abbia l’obbligo morale di avere in carta vini naturali, non averli sarebbe un controsenso e andrebbe contro la sua stessa filosofia. Logicamente dobbiamo essere tutti bravi a trasmettere la passione e a far capire i vini al cliente finale, che se non abituato, può rimanere un po’ spiazzato.

Il movimento del vino naturale in italia é molto fecondo. Come vedi il suo sviluppo?

L’Italia è un paese dalle grandi potenzialità e che ha ampi margini di crescita. Ogni anno stanno nascendo nuove realtà in ogni regione, ragazzi che lavorano bene, e che, come dicevo prima, stanno riscoprendo i vitigni autoctoni del loro territorio.

Vorrei aggiungere però che il movimento naturale è in crescita non solo in Italia ma un po’ in tutto il mondo. Mi vengono in mente Austria, Grecia, Rep. Ceca, Slovacchia, Canada, USA, Spagna, Francia, Australia, Cile… Il mondo del vino è in continua evoluzione e la passione e la voglia di scoprire e di migliorare la nostra conoscenza non si deve mai fermare!

Pensi che in futuro vedremo più vini naturali rispetto quelli convenzionali?

La speranza è quella di vedere sempre più vini naturali, sia sulle tavole di casa, sia sui tavoli dei ristoranti, però bisogna ammettere che oggi la nicchia di mercato è ancora bassa (siamo intorno al 5%). I vini convenzionali rappresentano sempre la maggior parte del mercato vitivinicolo e sono quelli ancora più apprezzati dalla popolazione. Però i produttori aumentano e la qualità dei vini è sempre maggiore quindi c’è veramente la speranza e la convinzione che fra qualche anno i vini naturali abbiano un quota di mercato molto più grande e che riscuotano sempre più successo!

In Italia c’é una regionein particolare che preferisci?

Impossibile scegliere una regione in particolare. Se un vino è buono e fatto bene, riesco ad emozionarmi di fronte a vini fatti ovunque! La cosa più bella è che ci sono regioni di cui nessuno parlava fino a qualche tempo fa che regalano delle vere e proprie perle. Il primo esempio che mi viene in mente è il Lazio, che negli ultimi anni è cresciuto in maniera spaventosa! Trascinati dal lavoro incredibile fatto da Le Coste, oggi ci sono dei produttori emergenti come SETE e Il Vinco di cui sentiremo parlare negli anni.

Stai anche distribuendo alcuni produttori spagnoli. Che cosa cerchi in un produttore per iniziare a commercializzarlo?

Amo i vini spagnoli! Tra quelli che vendo conoscevo solo i vini di Fabio Bartolomei (Vinos Ambiz). Gli altri produttori (Clot de Les Soleres, La Gutina, Costador, Vinyes Singulars, Daniel Ramos) mi sono stati consigliati da un carissimo amico, Antonio Sicurezza, ed ho approfittato della loro presenza al Live Wine a Milano per assaggiare tutti i vini. Davvero sorprendenti, un livello altissimo che mi ha veramente colpito! E’ stata una fantastica scoperta e distanza di quasi un anno devo dire che i vini spagnoli hanno avuto un buon riscontro e sono stati molto apprezzati anche dai miei clienti italiani!

Cosa apportano i produttori spagnoli al tuo catalogo?

Tutti questi produttori hanno portato molta curiosità e voglia di conoscere vitigni e zone dalla Spagna che per molti rappresentavano una novità; questo era proprio il mio scopo. Si torna a quello che dicevo prima: per prima cosa ci deve essere la voglia di scoprire un territorio, un vitigno e un vignaiolo. Questa è la cosa fondamentale. Oggi tutto il mondo ha qualcosa da offrire, sta a noi scoprirlo! La Spagna sotto questo punto di vista ha un patrimonio enorme e tanti, ma veramente tanti vignaioli bravissimi! Bisogna farli conoscere e dare un buon motivo alla gente di berli!

Qualche produttore interessante in Francia?

Per la Francia vale lo stesso discorso. Tantissimi bravi produttori e un movimento naturale in continua crescita. Anche li ci sono regioni che per anni sono state considerate “minori” come il Languedoc – Roussillon e la Savoie e che invece hanno una qualità incredibile! Mi vengono in mente i vini di Antony Tortul de La Sorga, i vini di Bruno Duchêne, i vini del Collectif Anonyme, i fantastici vini di Jean Yves Peron. Mi fermo perchè sennò faccio una lista troppo lunga e potrei parlare fino a domani!!!

Quest’anno parteciparai a una fiera del vino a Milano. Puoi dirci qualcosa su questa fiera?

Quest’anno parteciperò per la prima volta al LiveWine a Milano, il 3-4 Marzo. Avrò un banco nel quale presenterò delle novità e qualche vino di produttori non presenti in fiera. Per me è una grandissima soddisfazione essere presente ad una delle più improntati fiere di vini artigianali a livello europeo!

Chi sará la tua prossima scoperta importante?

Nelle ultime fiere alle quali ho partecipato, ho scoperto 2/3 nuovi produttori molto molto interessanti! Non faccio nomi ma spero di iniziare a lavorare con loro molto presto!!!

C’è qualche paese produttore di vini naturali di cui non abbiamo ancora sentito parlare?

Come dicevo prima c’è un mondo da scoprire, dalla Spagna all’Australia!

Quali vini ti piace bere? Fuori dall’ambito lavorativo.

Allora diciamo che a casa in tranquillità mi piace molto cambiare, mi piace scoprire e sorprendermi. Ultimamente sto bevendo molti produttori naturali francesi; dipende molto da quello che devo mangiare, dal mio stato d’animo o dalla musica che scelgo di mettere in sottofondo…Comunque posso affermare che ultimamente scelgo molto spesso Orange Wine e vini rossi con basse gradazioni e dalla facile bevibità.

Grazie mille, Tommaso !!

Massimiliano Croci: “La rifermentazione in la bottiglia deve essere spontanea come da tradizione.”

Antonio Sicurezza, di Wine Attack di Madrid, ha fatto questa intervista a Maissimiliano Croci.

Raccontaci perché e come hai iniziato a produrre vino. La tua famiglia che origini ha?

La mia famiglia è una famiglia di agricoltori da generazioni e hanno sempre prodotto vino, essenzialmente per consumo personale e dal dopo guerra anche per venderlo.

Mio nonno Giuseppe, classe 1898, agricoltore a Mignano di Vernasca, una zona montuosa, decise di spostarsi e scendere la valle nelle colline, così nel 1935 acquisto l’azienda a Monterosso di Castell’Arquato, negli anni successivi costruì la casa, il fienile, la stalla e vi trasferì con la famiglia negli anni 40 durante la guerra.

Mio padre Ermano, classe 1938, fu l’unico dei 9 figli (gli altri più vecchi emigrarono) a portare avanti l’azienda agricola e negli anni ’70 poiché in collina l’unica coltivazione a dare un reddito decente era l’uva e la sua trasformazione vi si specializzò abbandonando gli allevamenti.

Io sono nato nel momento in cui lui iniziò ad imbottigliare con propria etichetta. Anche se ho studiato tutt’altro per me è stato spontaneo continuare questa attività per una passione innata e la voglia di vivere su questa terra.

A distanza di diversi anni dalla tua prima vendemmia come è cambiato il tuo lavoro in vigna e in bottega?  

Essenzialmente non è cambiato, ho più esperienza e consapevolezza così devo chiedere meno consigli a mio padre. In vigna siamo sempre stati biologici, non per credo o altro, ma solo perché la zona è vocata alla viticoltura, le vigne si ammalano poco e un po’ di rame e zolfo sono sufficienti, gli altri prodotti sistemici sono molto più cari, e per mio padre, non avendo mai navigato nell’oro, la scelta è stata banale.

Parliamo del tuo distretto di riferimento: Piacenza, la prima città dell’Emilia lasciando Milano e viaggiando verso sud. Se fossimo ancora negli anni ’90 si parlerebbe di una scena “grunge” un po’ come si parlava della Seattle musicale dei Nirvana, Pearl Jam, etc… Cosa ha di speciale il vostro territorio, visto che siete in parecchi a lavorare naturalmente e con vini legati alla tradizione ma anche con una ricerca stilistica importante?

Piacenza ha una lunga storia di viticoltura, oltre ai resti di Vitis Vinifera in epoca paleolitica, fin da epoca romana si evince chiaramente l’importanza nell’economia agricola della zona data al vino, probabilmente dato dal fatto che le terre collinari sono povere e con la vigna le riesci a sfruttare.

Inoltre Piacenza con la Via Emilia è da sempre un crocevia di culture che hanno negli anni affinato il mondo di fare vino e poterlo commercializzare in tempi antichi.

Questo ha generato una millenaria tradizione che è arrivata fino ai giorni nostri, tutti qui chi più chi meno hanno o hanno avuto recentemente un parente che ha una vigna e fa vino anche solo per consumo personale, con pochissimi mezzi e di conseguenza rispettando le tecniche tramandate e ovviamente naturali per mancanza di tecnologia ed enologia.

Quindi non è la nostra generazione ad aver creato un nuovo genere, noi stiamo solo custodendo con moderna consapevolezza ciò che nostri avi hanno creato mescolando diverse influenze.

Se dovessi spiegare all’estero cosa è il movimento Emilia sur Li con che parole inizieresti? Cosa lo rende unico (se è davvero unico)?

Da noi il vino frizzante rifermento in bottiglia con i resti dei lieviti sul fondo della bottiglia è sempre stata la normalità, anzi se non frizzava voleva dire che avevi lavorato male e sbagliato qualcosa in vinificazione o in imbottigliamento. Anche e soprattutto per i vini “fatti in casa” per consumo personale.

Il motivo è che su queste terre, lavate dal mare nel pliocenico, spesso i vini per povertà di azoto non riuscivano a completare la fermentazione durante la vendemmia, andando in bottiglia per conservarlo dopo che il freddo dell’inverno lo aveva aiutato a decantare, a pulirsi e affinarsi, i lieviti con il caldo si risvegliano e terminano la fermentazione in bottiglia. Quindi nessuna moda solo la vera tradizione dei vini frizzanti.

Croci fa rima (simbolica) con vini rifermentati in bottiglia. Una volta per tutte ci spieghi la differenza tra un ancestrale e un pet nat? la confusione è tanta.

Per me Ancestrale, Pet Nat, col fondo, ma anche gli stessi Surli e Sur lie sono solo modi commerciali per distinguersi.

Per mio nonno era vini frizzante e basta, per me sono i vini charmat (in autoclave) che dovrebbero indicare che sono fatti a “macchina”.

Per fortuna (e purtroppo) questi vini stanno vivendo una sorta di moda e molte aziende si stanno improvvisando produttori di questi vini rifermentando in bottiglia con qualsiasi mezzo, addirittura imbottigliando durante la vendemmia mosti ancora  in fermentazione.

Per me la rifermentazione deve essere spontanea come da tradizione.

Abbiamo bisogno adesso di una piccola deviazione culinaria. Cosa si mangia a Piacenza? cosa mangiavano ad es i  tuoi nonni? I vini in che contesto si inserivano e tuttora si inseriscono nel tessuto alimentare?

Come dicevamo Piacenza è un crocevia di culture e quindi di cucina, siamo una via di mezzo tra l’uso austero del bue come in Piemonte e delle grassezza del maiale emiliano. E a Piacenza puoi trovare vini da abbinare a tutto.

Mio nonno per lo più mangiava ciò che non vendeva, ad esempio del maiale non ha mai mangiato il culatello o il prosciutto, parti che venivano subito vendute dopo la macellazione, mangiava per lo più le parti più grasse stagionate come lardo, pancetta e goletta oltre ovviamente al salame. Cibi che si sposano perfettamente ai nostri vini.

Quante volte ti hanno detto (più o meno per scherzo) che i tuoi vini erano frutto di un errore tecnico, visto che sono imbottigliati a fermentazioni non complete.

Quando ho iniziato a vendere fuori dal nostro territorio spesso, specialmente da chi oggi produce Petillant naturel.

Lo status quo del vino rifermentato: una moda appunto o sono vini legati effettivamente al territorio? Non pensi che adesso ce ne sono troppi di vini frizzanti in giro? è aumentata la domanda o i produttori semplicemente … si annoiano e pensano a strade alternative?

Viviamo un momento in cui i vini troppo strutturati hanno stancato e molti produttori vedono nelle rifermentazioni un modo per uscire presto con vini freschi e realizzare incassi senza aspettare lunghi tempo di affinamento.

Si parla cosi tanto dei vini rifermentati col fondo. Pero tu e tanti altri in Emilia fate anche i cosiddetti vini fermi. Non c’è rischio che una eccessiva caratterizzazione “carbonica” dia una immagine deformata del vostro territorio?

Sicuramente, nel mondo pochi sanno che noi questi vini li abbiamo sempre fatti al di là delle mode.

Purtroppo quando la moda passerà ne spariranno molti, noi continueremo perché qui è il modo più spontaneo di produrre vino.

Mi fai un check up del vino naturale in Italia. La qualità è migliorata? e le vendite? (parliamo anche di soldi, visto che non siamo delle vergini).

La qualità per le aziende vocate è sempre stata alta, diciamo che la richiesta aumentata, oggi molti enologi e consulenti si sono specializzati e molte nuove aziende entrano in questo mercato anche se in zone non vocate e riescono a proporre vini naturali di qualità, anche se personalmente per il fatto stesso di avvalersi di consulenti non li chiamerei vini naturali, per me le scelte in vigna e cantina le deve fare il vignaiolo.

In Italia si arriverà mi ad un vero protocollo associativo per cercare di definire dei criteri di fondo per inquadrare il vino naturale?

Se ci si arriverà sarà un protocollo che potranno sfruttare anche gli industriali

A proposito ti piace l’aggettivo “naturale” o credi che sia una forzatura?

Non mi dispiace, ovviamente in alcuni casi o situazioni può essere una forzatura, a ricordiamoci che la menzione naturale è utilizzata in ogni dove e legalmente al di fuori del mondo del vino, addirittura nelle saponette. Comunque io preferisco “spontaneo”.

E il consumatore cosa ha capito di fondo negli ultimi dieci anni?

C’è chi si informa, legge, capisce e fa scelte consapevoli, ma c’è anche purtroppo chi beve solo per moda

Torniamo alle vigne visto che  il vino nasce lì. Come le curi?

Come mio nonno e mio papà, rame zolfo, sovesci, e letame ben maturo quando serve.

Qual è il vino più difficile da fare nell’ambito della tua produzione?

Ovviamente il vino di “ghiaccio” per condizioni climatiche, ma tutti i vini fermi sono complicati in quanto per non avere rifermentazioni in bottiglia bisogna aspettare che finiscono nelle vasche, e a volte nelle grosse masse le rifermentazioni non ne vogliono sapere di completarsi.

Parliamo di due vitigni sconosciuti al grande pubblico o quasi: la rossa Bonarda e il bianco Ortrugo. Potresti spiegare le caratteristiche principali di queste uva? 

La Croatina, chiamata Bonarda a Piacenza e Pavia, è un uva rossa poco produttiva, ha un grappolo spargono che matura tardi. Sulle nostre terre esprime un vino ricco di colore (antociani), con sentori di frutti di bosco e di una struttura molto tannica, è per questo che i nostri vecchi hanno capito il giusto abbinamento in uvaggio con la Barbera, molto acida e meno tannica, trovando il modo per equilibrare entrambe le uve.

L’Ortrugo è un vitigno autoctono che si trova solo a Piacenza, è un uva verde dal grappolo molto compatto, il nome deriva da un’espressione dialettale che significava “l’altra uva”; praticamente un uva senza nome. Fino agli anni 70 veniva usata solo in uvaggio con la nostra Malvasia di Candia Aromatica. Ci dona un vino molto asciutto, fresco, dalla buona acidità, con sentori di cereale, di frumento appena trebbiato.

Ricordati una cosa: i nostri vini fanno come da tradizione macerazione sulle bucce.

Vini arancioni è un concetto moderno arrivato dall’estero per distinguere dai vini chiarificati, ma qui per mio nonno e mio papà la macerazione era l’unico modo per produrre vino, il colore intenso era la normalità e vini erano definiti semplicemente vini bianchi. Erano quelli bianco carta a non essere vini normali.

Massimiliano, come vedi che è accolto il vino naturale italiano all’estero?

Direi bene, i consumatori più attenti capiscono questa nostra spontaneità contadina nel produrre i vini

E tu come amante del vino cosa bevi e quali bottiglie ti appassionano?

Innanzitutto in famiglia consumiamo il nostro vino quotidianamente, circa 700 bottiglie all’anno. Poi io bevo di tutto, dipende dall’umore e dalla stagione, purché sia naturale ovviamente. Ma quando ho bisogno di un confort wine, finisco sempre per bermi un vino piacentino che sia della Stoppa, di Denavolo, del Poggio o di Casé.

La domanda opposta: cerchiamo di essere cattivi per una volta. Mi dici qualche distretto vitivinicolo a livello mondiale che ti fa orrore?

L’Australia, per fortuna qualche piccolo giovane produttore sta cercando di invertire la tendenza

Cosa conosci della Spagna vitivinicola alternativa?

Bevuto molto, alcune cose piaciute altre meno, ma non ne so ancora abbastanza per parlarne

Chiudiamo con la classica domanda apocalittica: dimmi i 5 vini che porteresti con te su un’isola deserta in caso di un viaggio pianificato senza ritorno.

Sono un ragazzo semplice a cui piace bere e non sorseggiare quindi se escludiamo il mio Gutturnio e il Campedello:

Macchiona de La Stoppa

Malvasia di Camillo Donati

Lambrusco di Vittorio Graziano

Camporenzo di Monte dell’Ora

Verdicchio Le Oche di Fattoria San Lorenzo

Un grazie di cuore che non sarà mai sufficiente per ringraziarti sul serio.

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Tenuta Croci, vinos espumosos según el estilo tradicional en Emilia

Massimiliano Croci es miembro de la tercera generación de su familia que gestionando la Tenuta Vitivinicola Croci en Emilia, Italia. Siguiendo los pasos de su abuelo Giuseppe y de su padre Ermanno, es ahora quien está haciendo algunos de los vinos más codiciados en su país y más allá de sus fronteras. Una característica especial de sus vinos es que se hacen de la manera tradicional, y en Emilia esta manera tradicional es hacer vinos espumosos que refermentan en la botella. Para muchas personas esto parece ser sólo una moda o una manera de adaptarse a las tendencias actuales del mercado, pero lejos de eso, Massimiliano sigue haciendo los vinos de la forma en que sus antepasados hacían vino en su día. Además, por supuesto, sus vinos son naturales. No hay productos químicos utilizados, no hay sulfitos añadidos, no se controlan los niveles del vino. Sus vinos están hechos de un modo que se desarrollan por sí mismos. Una vez más, según la forma tradicional.

La finca, situada en la provincia de Piacenza, se fundó en 1935 cuando su abuelo la compró y fue en la década de 1970 cuando su padre decidió pasar de la gestión de ganado a la producción de uva, ya que esta era la única manera de hacer dinero decente para vivir en la región. Ahora la bodega ha crecido y se ha consolidado como una de las mejores bodegas de Italia para los vinos espumosos y frizzante, siempre utilizando variedades de uva autóctonas.

Tenuta Croci es también una de las pocas bodegas en Italia que producen un vino de hielo, un vino típico de Canadá y Austria cuyas uvas se dejan en el viñedo para que se reduzcan y deshidraten mientras que el nivel de azúcar sube. La vendimia suele hacerse entre noviembre y enero, cuando la temperatura es de alrededor de cinco grados bajo cero. Este vino, Emozione di Ghiaccio, se produce utilizando las variedades locales típicas Malvasia di Candia Aromatica 70% y Moscato Bianco 30%. El vino permanece en Botti de roble durante dos años.

En los viñedos de Tenuta Croci se utiliza el sistema Guyot y el suelo está marcado de arcilla y arena con sus orígenes fechados en el período Plioceno. Todos los trabajos que se hacen en los viñedos situados en MonterossoCastell’Arquato, y los que se llevan a cabo en la bodega se hacen a mano.

Massimiliano produce dos vinos espumosos: Alfiere, para el que utiliza la variedad local Ortrugo. Alfiere Rosé es una mezcla de Barbera 48%, Bonarda (aka Croatina) 48%, y Malvasia Nera 4%. Ambos vinos permanecen sobre sus lías durante dieciocho meses.

Gutturno Sur Lie es un vino frizzante Gutturnio DOC Colli Piacentini refermentado en la botella. Es una mezcla de Barbera 60% y Bonarda 40%. Este vino permanece en un tanque durante ocho meses y luego va a la botella donde permanece por lo menos diez meses más.

Los dos vinos tintos de la Tenuta son Coronino, un vino calificado como de mesa (Vino da Tavola Rosso) elaborado con una mezcla de Merlot 60% y Sangiovese 40%. Este vino permanece en un tanque durante ocho meses y luego va a barriles de roble durante dieciséis meses más.

San Bartolomeo, cuyo nombre proviene de la denominación antigua de Monterosso, es un blend de Barbera 60% y Bonarda 40% Gutturnio DOC Colli Piacentini. Ocho meses en depósito, luego barricas de roble durante dieciocho meses más.

Tenuta Croci también produce tres Orange wines. Al igual que con los vinos espumosos, Massimiliano los elabora porque esta era la forma tradicional de hacer vino blanco en la región. Lubigo Sur Lie es un monovarietal de Ortrugo frizzante refermentado en la botella. Doce días de maceración con sus pieles, luego ocho meses en un depósito y diez meses más en botella. Monterosso Val d’Arda Sur Lie es un DOC Colli Piacentini elaborado con Malvasia di Candia Aromática 60%, Ortrugo 35% y Marsanne 5%. Maceración en las pieles de siete a once días. Este vino permanece en un tanque durante ocho meses y luego va a la botella donde permanece por lo menos diez meses más. Por último, Val Tolla es un monovarietal de Malvasia di Candia Aromática. Su periodo de maceración está en torno a treinta días. Diez meses en tanque y doce meses en botella.

La producción de vino y la agricultura son elementos clave de la identidad del territorio. Precisamente por el papel fundamental que desempeña la actividad agraria, Tenuta Vitivinicola Croci, especialmente conducida por un hombre joven como Massimiliano, debe ser capaz de hacer vinos con dinamismo, transparencia, calidad y autenticidad.

Pronto hablaremos con Massimiliano de sus raíces vinícolas y filosofía. Para la entrevista, contaremos con la inestimable ayuda de nuestro común amigo Antonio Sicurezza, propietario de la tienda de vinos Wine Attack en Madrid.

Fotos (c) Tenuta Croci

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Orange Wine Blind Tasting

Esta tarde/noche un grupo de intrépidos someliers y expertos en vino se enfrentará a 10 botellas tapadas que contienen diferentes Orange Wines. 6 países, 8 variedades distintas.

Cual será el resultado?

Pronto lo sabremos.

Daterra Viticultores, pasión por la tierra en Val do Bibei

Viticultura heroica. Así se suele llamar a la manera de trabajar la tierra en esos lugares donde las vides están plantadas en bancales o laderas escarpadas y las calles entre ellas son tan estrechas y empinadas que todos los trabajos se hacen a mano y con grandes dificultades. Así se hace en muchas zonas del Douro portugués y también en Galicia, donde los cañones del rio Sil y su afluente el rio Bibei se caracterizan por esta orografía tan particular. Este último lugar, en el Val do Bibei, en Manzaneda, donde encontramos el límite suroriental de la Ribeira Sacra, es nuestra parada de hoy para hablar de una viticultora que destaca por la elaboración y calidad de sus vinos: Laura Lorenzo, propietaria de Daterra Viticultores.

El trabajo de Laura es muy apreciado por los amantes de los vinos diferentes, hechos con pasión y donde destaca el uso de variedades autóctonas para hacer vinificaciones especiales. A pesar de su producción limitada, puedes encontrar sus vinos en tiendas especializadas y cuando preguntas, consigues mucha información sobre ella y sus vinos.

Laura dispone de un total de 4,5 hectáreas desde 2015, repartidas por diferentes pueblos de la villa de Manzaneda y Trives. En Seoane, Langullo, Soutipedre, San Vicenzo, Mendoia y San Fiz podemos encontrar parcelas tan pequeñas como alguna de 400 m2 hasta la más grande de cerca de 2.500 m2. En ellas se trabajan variedades locales que en muchos casos están mezcladas en el mismo viñedo. Las variedades blancas son Godello, Palomino, Doña Blanca y Colgadeira, estas dos últimas con casi un 90% de total de uva blanca. Las variedades tintas son Garnacha Tintorera (conocida también como Alicante Bouchet), Gran Negro, Merenzao, Mouratón y Mencía. Estas dos últimas representan el 80% del total de uva tinta plantada.

En Daterra se practica un sistema de principios agrícolas y sociales, políticos y económicos basados en las características del ecosistema natural. Este sistema se conoce como Permacultura y está sustentado sobre tres pilares fundamentales: la Tierra, utilizando procesos naturales: vegetación, suelos, etc. Las Personas, por medio de la creación de colectivos locales de apoyo mutuo y por último los Recursos, compartiendo materiales para evitar consumos innecesarios.

Muchas de las vides de Laura son viejas, alguna se cree que puede ser pre-filoxéricas (con hasta 120 años de edad) y ofrecen un rendimiento bajo, en torno a 1 kilo por cepa, debido a su edad y las condiciones del terreno.

Daterra Viticultores ofrece seis vinos en su catálogo. Uno de los motivos que nos atraen del proyecto de Laura es que macera el mosto en contacto con las pieles y trabaja con ánforas de arcilla para la crianza de sus dos vinos blancos y uno de los tintos.

Erea da Vila (Manzaneda) está elaborado con Godello, Doña Blanca y Colgadeira. El rendimiento por planta varía entre 200 y 1.000 gramos. El mosto macera con las pieles y pepitas durante cinco días. La crianza tiene lugar en barricas viejas de roble de 225 litros y en ánforas de arcilla de 200 litros durante un periodo de diez meses. No se añaden aditivos enológicos, excepto una dosis de sulfito mínima. Sin clarificado ni filtrado. En la añada 2015 se elaboraron 1.388 botellas.

Gavela da Vila (Manzaneda) es Palomino 100% de plantas cuyo rendimiento varía entre 200 y 1.000 gramos. El mosto macera con las pieles y pepitas durante siete días y la crianza se hace en barricas viejas de roble de 225 y 500 litros y en ánforas de arcilla de 200 litros, también durante diez meses. No se añaden aditivos enológicos, excepto una dosis de sulfito mínima. Sin clarificado ni filtrado. En la añada 2015 se elaboraron 1.590 botellas.

El tercer vino que pasa por ánfora es Azos do Pobo (Soutipedre), hecho con Mencía, Merenzao, Gran Negro, Garnacha Tintorera, Mouratón y otras desconocidas. La separación del mosto de las pieles se hace pasados dieciséis días. La crianza se hace en barricas viejas de roble de 225 y 500 litros y ánforas de 200 litros durante 12 meses. No se añaden aditivos enológicos, ni se clarifica ni filtra. En 2015 se elaboraron 2.689 botellas.

Portela do Vento (Ribeira Sacra) es un tinto del cual en 2015 se elaboraron 2.657 botellas. A base de 90% de Mencía y 10% de Garnacha Tintorera. El rendimiento por planta es alrededor de 1,8 kilos. La fermentación espontánea se realiza en depósito sin adicción de levaduras comerciales. La crianza es en barricas de 500 litros de roble francés. Sin estabilizar, clarificar ni filtrar. Dosis mínimas de sulfitos.

Azos da Vila es un vino elaborado con las variedades Mencía, Merenzao, Gran Negro, Garnacha Tintorera, Mouratón y otras desconocidas. Tras quince días, se separa el vino de las pieles. La crianza se lleva a cabo en barricas viejas de roble de 225 y 500 litros durante 12 meses. No se añaden aditivos enológicos, ni se clarifica ni filtra. En 2015 se elaboraron 2.689 botellas.

El tercer vino tinto es Casas de Enriba (Valdeorras) del cual en 2015 se elaboraron 1.611 botellas. A base de Mencía (80%) y Godello (20%) con un rendimiento por planta de 800 gramos. Crianza en barricas de 500 litros de roble francés. Sin estabilizar, clarificar ni filtrar. No contiene aditivos enológicos, excepto sulfitos en baja dosis.

Tres vinos de Laura han pasado por ánfora: los dos blancos y un tinto. Sobre ellos y sobre su filosofía vitivinícola hablaremos con ella en breve.

Fotos (C) Laura Lorenzo

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Joško Gravner, la ricerca di eccellenza con anfore

Poche cose ti danno più soddisfazione che scoprire persone appassionate al loro lavoro. I produttori di vino, per esempio, che indagano e percorrono un lungo cammino per fare le cose nel modo migliore possibile. Usano metodi diversi, studiano il terroir, i vitigni e le procedure di invecchiamento per fare il vino nel modo in cui lo immaginano. Si guadagnano il rispetto dei loro colleghi ed anche di noi amanti del vino che scopriamo e godiamo così tanto le loro creazioni.

Joško Gravner è uno di questi produttori di vino. È il proprietario dell’Azienda Agricola Gravner, una cantina situata a Oslavia, (Gorizia) in Friuli Venezia Giulia, Italia. Joško Gravner è l’uomo di cui tutti parlano quando l’argomento della conversazione è il vino sottoposto a periodi di maturazione più lunghi rispetto a quello che fanno gli altri produttori.

L’azienda è stata fondata nel 1901 dai suoi antenati. Joško ha rilevato l’azienda di famiglia nel 1980. All’inizio ha seguito le moderne tecniche di vinificazione, usando vasche di acciaio e botti di rovere francese, in contrapposizione ai metodi tradizionali usati da suo padre. Nel 1996 due grandinate hanno distrutto i suoi vigneti, eccetto una piccola quantità di vitigni Ribolla Gialla, per cui avendo perso gran parte della vendemmia, ha provato a macerare le uve che poteva salvare. L’esperimento si è rilevato così ben fatto che con il raccolto successivo tutte le varietà sono state macerate in grandi tini di legno senza alcun controllo della temperatura per un periodo di tempo compreso tra una e due settimane.

Nel 2000 Gravner si è recato nella zona del Caucaso, nella regione di Kakheti dove, seguendo un metodo di produzione tradizionale, il vino matura in grandi anfore di terracotta sepolte sottoterra. Si rese poi conto che il modo autentico di lavorare il vino era quello tradizionale, usato in queste zone, e non quello più comunemente usato nel Nuovo Mondo. Ha capito che il sistema di vinificazione conosciuto qui era la sua vocazione. Così ha preso delle anfore con lui in Italia e ha cambiato completamente la sua cantina, al fine di produrre tutti i suoi vini con l’uso della terracotta. Pensò che se la terracotta era il modo giusto, sarebbe stato il modo giusto per tutti i suoi vini, non solo per una parte di essi. Oggi ha 46 anfore sepolte nella sua cantina.

L’esperimento che iniziò nel 1996, ha compiuto un altro passo nel 2001 con l’uso di queste anfore di terracotta ed allungando i periodi di macerazione. Così, ha iniziato lo sviluppo dei vini Orange, o come preferisce chiamarli, vini Ambrati. Ma al contrario di ciò che gli altri produttori stavano facendo, con periodi di macerazione di circa uno-due mesi ed affinamento in rovere per un anno, egli estremizzò. In primo luogo usando uve Pinot Grigio, provenienti dal vigneto di Njiva. Dopo la raccolta e la fermentazione, le uve vengono macerate con le loro pelli in anfore di terracotta e sepolte per un anno. Poi il vino viene affinato in botti di rovere per sei anni. Sì, sei anni di rovere per un vino bianco. Altri tre anni in bottiglia e il vino è pronto per essere commercializzato. Di questo Pinot Grigio, l’ultima annata sul mercato è il 2006. A questa seguiranno le annate 2007, 2009 e 2011, poichè Gravner ha deciso di interrompere la produzione di Pinot Grigio per concentrarsi su Ribolla Gialla e Pignolo.

Joško crede nel ciclo lunare e nella sua influenza sui vini che produce. Pertanto, il vino viene imbottigliato sempre sotto una luna calante. Egli ritiene inoltre che la Natura si prenda cura del vino, così che non fa nulla per cambiarlo o alterarlo. Non usa sostanze chimiche o non aggiunge lieviti extra, lui non controlla la temperatura del vino durante la fermentazione e non filtra, affina o chiarifica il vino.

La famiglia Gravner possiede tre vigneti con una superficie totale di 18 ettari: uno in Italia: Runk, in Oslavia, e altri due in Slovenia: Hum e Dedno. Ribolla Gialla e Pignolo vengono piantati in 15 di questi 18 ettari mentre i restanti 3 ettari sono varietà internazionali come Cabernet Sauvignon o Merlot. Bisogna ricordare che nei vigneti, Gravner ha creato uno stagno, in modo che piante, insetti e altri animali possano svilupparsi, creando un ambiente naturale del quale le viti hanno bisogno per crescere.

Gravner produce 6 vini:

Ribolla, con la varietà tradizionale locale, che è sottoposta ad un lungo processo di macerazione in anfore Georgiane interrate, con lieviti selvatici e nessun controllo della temperatura. Dopo la pigiatura, il vino viene versato nuovamente dentro le anfore per almeno altri cinque mesi prima di iniziare l’affinamento in grandi botti di rovere, dove viene lasciato per altri sei anni. L’ultima annata sul mercato è del 2008.

Bianco Breg, un misto di Chardonnay, Sauvignon, Pinot Grigio e Riesling Italico che vengono vinificati separatamente ed invecchiati insieme. Il processo di lavorazione è lo stesso della Ribolla. L’ultima annata sul mercato è del 2008.

Rujno è veramente un vino rosso speciale. Un vino Merlot, prodotto solo nelle annate migliori. Il mosto fermenta sulle bucce in tini di rovere aperti per cinque settimane con lieviti selvaggi e senza controllo della temperatura. Poi il vino viene affinato in botti di rovere per sette anni e successivamente in bottiglia per altri sette anni. Come si può vedere, ha un periodo di invecchiamento di 14 anni. L’ultima annata sul mercato è del 2001.

8.9.10 è il vino nuovo di Joško Gravner. Prodotto con una selezione di singoli grappoli d’uva Ribolla completamente coperti di muffa nobile. Questo vino è prodotto con le migliori uve raccolte nel corso di tre diversi anni, precisamente il 23 novembre 2008, 12 novembre 2009 e 15 novembre 2010. Da qui il nome 8.9.10. Durante la fermentazione nelle anfore sepolte sottoterra, subisce una lunga macerazione con le bucce. Quindi, affinato in piccole botti di rovere.

Rosso Gravner è una miscela di uve Merlot e Cabernet Sauvignon. Il mosto fermenta sulle bucce in tini di rovere aperti per 21 giorni con lieviti selvaggi e senza controllo della temperatura. Invecchiato in botti di rovere per quattro anni. L’ultima annata sul mercato è del 2004.

Rosso Breg è prodotto con uve Pignolo e la fermentazione sulle bucce in tini di legno è stato fatto fino al 2005 e in anfore sepolte sottoterra dal 2006, con lieviti selvatici e nessun controllo della temperatura. Il vino viene affinato in botti di rovere per cinque anni e in bottiglia per almeno cinque anni. L’ultima annata sul mercato è del 2004.

Joško Gravner è un incredibile produttore di vino che crede nel modo tradizionale di elaborare il vino con lunghi periodi di macerazione e anni di affinamento in rovere e bottiglia prima mettere i vini sull mercato. La sua è una filosofia veramente speciale ed i suoi vini sono molto apprezzati e ambiti.

Parleremo presto con Joško dei i suoi vini e della sua filosofia di vinificazione.

The Man: Amphora

The Cellar

The Land

Photos © by Azienda Agricola Gravner

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Bienvenidos a Orange Wines

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Un sitio donde hablaremos acerca de esos vinos naranja, o ámbar, que nos vuelven locos. Vinos tan especiales hechos con largos periodos de maceración del mosto con sus pieles que hace que tengan ese color y esa textura que difícilmente encontramos en otros vinos. También hablaremos de vinos elaborados en tinajas de barro. Esto no ha hecho más que empezar!! Bienvenidos!!

Un luogo per parlare di questi vini d’arancia o ambra, che ci impazzire. Così vini speciali realizzati con lunghi periodi di macerazione del mosto con le bucce che li rende il colore e la consistenza che difficilmente trovare in altri vini. Discutiamo anche vini prodotti in giare di terracotta. Questo è appena iniziato !! Benvenuti !!

A place where we will talk about those Orange, or amber, wines that drive us crazy. So special wines made with long periods of maceration of the must with its skins that makes them have that color and texture that we hardly find in other wines. We will also talk about wines made in clay or terracota vases. This has only started!! Welcome!!

Casanova Di Neri, il miglior Brunello di Montalcino di 2010

Inizialmente pubblicata su miamigoelvino.com il 27/02/2017.

Il nostro primo contatto con i vini italiani fu, presumibilmente, con un vino Chianti. Nei ricordi c’è un vino chiamato Leonardo, uno di quelli che vengono serviti in un fiasco e che si possono trovare nei ristoranti italiani di tutto il mondo. Ma il primo vino italiano serio che abbiamo apprezzato è stato un Brunello di Montalcino. Sembra una follia per partire alla scoperta dei vini di questo paese, ma hey! Si va in Toscana in vacanza e questo è ciò che si ottiene!

La nostra base delle vacanze era nella graziosa cittadina di Montalcino. Abbiamo girovagato nei dintorni ma siamo sempre tornati al tramonto in questa città. Avevamo fatto il nostro lavoro sui vini, visitando le enoteche locali, che a Montalcino sono ovunque, e chiedento al direttore del nostro hotel quale fosse il suo Brunello preferito. Mi ritorna in mente una storia divertente sul Brunello: in una drogheria di Roma avevano dietro il bancone una parete piena di vini, con una ampia selezione di Brunello. Stavamo pagando, prestando la massima attenzione ai vini alle spalle del gestore per fare la nostra scelta. Poi ne abbiamo indicato uno ed egli ci ha guardato come per dire “che cosa sta indicando questo turista?” Quando ha visto la nostra scelta, ci ha guardato sorpreso e ha detto: “Oh, bravo, bravo!!” con un sorriso in faccia. Gli piaceva molto quello che avevamo selezionato.

Ma torniamo a Montalcino, uno dei vini locali si elevava sopra a tutti. Ci era stato raccomandato, ed avevamo letto che la rivista americana Wine Spectator, lo aveva scelto come miglior vino dell’anno. Perciò doveva essere particolare. E siamo andati alla sua ricerca.

L’Azienda Agricola Casanova di Neri è una cantina a conduzione familiare situata alla periferia di Montalcino. È stata fondata nel 1971 da Giovanni Neri, con l’acquisto di 12 ettari che sono cresciuti fino agli attuali 63. Quindici anni dopo la sua nascita, ha cominciato a vincere trofei internazionali, come il Gran Premio e Medaglia d’Oro a Bordeaux nel 1986 e il già citato trofeo per il Vino dell’anno nel 2006.

Oggi i 63 ettari di vigneti sono suddivisi in 5 lotti: Pietradonice sul lato sud-est di Montalcino, Le Cetine sul lato meridionale, Cerretalto sul lato orientale, Fiesole si trova vicino alla nuova cantina e all’omonima cascina opposta alla città di Montalcino e Podernuovo nella posizione più alta della tenuta a 450 metri sul livello del mare.

L’Azienda produce tre vini Brunello con caratteristiche differenti. Il Brunello di Montalcino trascorre circa 45 mesi in botti di rovere di Slavonia e poi altri sei in bottiglia. Il 2008 è contrassegnato come il 30° annata di questo vino. Il Brunello di Montalcino Tenuta Nuova trascorre tra i 27 ei 36 mesi in botti di rovere, a seconda degli anni, e almeno un anno in bottiglia. Infine, il Brunello di Montalcino Cerretalto matura in piccole botti di rovere un po’ più di 2 anni e almeno 24 mesi in bottiglia.

Inoltre si produce IB Bianco, prodotto con Vermentino 50% e Grechetto 50% e la IR Rosso, prodotto con Sangiovese e Colorino. Questi due vini vengono affinati in botti di rovere per circa 42 mesi e 6 mesi in bottiglia. Il Sangiovese Rosso di Montalcino viene affinato in botti di rovere per circa 15 mesi e il Pietradonice è un Cabernet Sauvignon invecchiato in botti di rovere per circa 19 mesi e 6 mesi in bottiglia.

La fermentazione dei vini viene solitamente effettuata senza l’aggiunta di lieviti e la macerazione avviene in tini conici aperti a temperatura controllata da 2 a 3 settimane.

Sai una cosa? Abbiamo ancora una Tenuta Nuova 2008 nelle nostre cantine in attesa di essere gustato.

Presto parleremo con l’enologo di Casanova Di Neri circa i loro vini e la loro filosofia.

Foto © Azienda Agricola Casanova Di Neri

Tenuta Cavallotto, la storia di una famiglia, una cantina e una collina unica

Pubblicato originariamente su miamigoelvino.com il 30/01/2017.

È davvero interessante cercare e scoprire cose nuove sul vino. Nel mondo c’è così tanto sul vino che sarebbe un peccato non assaggiare cose nuove, solo per restare fedeli a un particolare tipo di vino. Si dice anche che ad alcuni vini, si arriva solo quando si è pronti. Probabilmente dipende dall’avere acquisito una buona cultura enologica in termini di degustazione ed assaggio, forse si tratta di età, chi lo sa… Dicono che si arriva per gradi al Borgogna in Francia, al Jerez in Spagna ed al Barolo in Italia. E sembra sia vero.

Io sono ancora sulla via per arrivare al Barolo. Non ne ho ancora assaggiati molti, come con altri DOS, ma ho iniziato ad educare il mio palato e le mie papille gustative alla degustazione del Barolo. All’inizio non è stato facile, c’è un’acidità persistente, ma quando si ha un aiuto prezioso diventa più facile. E con aiuto intendo quando si trova una cantina che produce vini di cui ti innamori istantaneamente. In una delle sessioni del Wine Tasting Club, lo scorso anno, ho avuto il privilegio di godere di due dei loro vini: Barolo Bricco Boschis 2010 e Barolo Riserva Vignolo 2008. Due ottimi vini.

La Tenuta Viniviticola Cavallotto è la cantina. Due cose ha richiamato la mia attenzione su di loro. La prima è che è sempre stata gestita dalla stessa famiglia, e dopo la prima generazione, sempre da fratelli. La seconda è che una parte della proprietà è sulle pendici di una collina, quella che dà il nome al Barolo Riserva: il colle Bricco Boschis.

Nel 1928, Giacomo Cavallotto acquistò la proprietà che si trova a Castiglione Falletto. I figli di Giacomo, Giuseppe e Marcello, iniziarono a lavorare nella tenuta e sono stati di fondamentale importanza per lo sviluppo come produttori di vino; i figli di Giuseppe, Olivio e Gildo, iniziarono a vinificare tutta la produzione di uva della tenuta nel 1948 commercializzandola col nome di vini Cavallotto. Anni dopo, nel 1967, la prima bottiglia di Barolo chiamato Bricco Boschis è arrivata sul mercato, etichettata con il nome della collina ove si trova la tenuta. Dopo Olivio, i suoi figli Laura, Alfio e Giuseppe si occuparono degli affari.

Nel 1970 il vigneto Bricco Boschis è stato separato in 4 vigne singole: Vigna San Giuseppe, Colle Sudovest e Punta Marcello di Nebbiolo per il Barolo Riserva e VignaCuculo di Barbera.

Nel 1989 la famiglia Cavallotto ha acquistato il 60% della tenuta Vignolo, un’altra fantastica collina di Castiglione Falletto proprio di fronte alla collina di Bricco Boschis.

La famiglia possiede ora 25 ettari di vigneti. In più della metà (17 ettari) è piantato Nebbiolo per i vini Barolo. La resa media è di 38 hl/ha. Poi tre ettari sono coltivati a Dolcetto e altri due con Barbera. Il resto del vigneto è piantato a Freisa, Pinot Nero, Chardonnay e Grignolino. Le viti sono coltivate secondo il metodo tradizionale Guyot Basso. Ogni ettaro ha una densità di circa 5000 piante.

Nel 1976 i Cavallotto introducono una pratica agronomica che gli ha permesso di abbandonare l’uso di pesticidi chimici: l’uso di insetti predatori per controllare il ragnetto rosso della vite. Da allora, i vigneti di Bricco Boschis hanno prodotto frutti sani e succosi senza l’uso di pesticidi. Utilizzano l’erba naturale che crescendo tra i filari protegge il terreno. Questo ha portato due vantaggi principali: è stato interotto l’uso di erbicidi e trattori ed allo stesso tempo l’erba e la mancanza di aratura contribuiscono a ridurre l’erosione del terreno dei vigneti dovuto al deflusso dell’acqua durante i temporali. L’erba viene tagliata due volte l’anno e serve anche come compost naturale permettendo la crescita di una microflora batterica nel sottosuolo. Alfio e Giuseppe Cavallotto sono entrambi enologi e tutto il loro lavoro è fatto secondo un profondo rispetto per la terra. Tutto il lavoro nei vigneti viene eseguito a mano.

Nella cantina, le quattro sale principali sono scavate all’interno della collina. La Sala vinificazione, la Sala fermentazione con serbatoi sia di cemento che di acciaio, le cantine di invecchiamento con botti in legno di quercia di Slavonia non tostato (da 20 a 100 ettolitri) e l’area di imbottigliamento.

L’azienda Cavallotto produce vini provenienti da due cru di Barolo. Il primo vigneto è il Bricco Boschis da dove provengono il Barolo Bricco Boschis e il Barolo Riserva Bricco Boschis Vigna San Giuseppe. Il secondo vigneto è il Vignolo, dove viene prodotto il Barolo Riserva Vignolo.

Essi producono anche il Nebbiolo Langhe, il Barbera d’Alba Vigna del Cuculo, il Dolcetto d’Alba Vigna Scot, il Langhe Freisa, il Langhe Grign fatto con Grignolino, Langhe Chardonnay e un Pinner fatto da Pinot Noir.

Parleremo presto del sistema di vinificazione dei fratelli Cavallotto.

Questa è la storia di una famiglia, una cantina e una collina unica: la Bricco Boschis e la Cantina Cavallotto.

Photo (c) Cantina Cavallotto

Castello di Rubbia, la magia della Malvasia in Friuli

Nataša Černic è una di quelle persone nel WineWorld che quando si incontrano si capisce immediamente che sono autentiche. Persone che amano quello che fanno e che mettono così tanta passione nel farlo che si percepisce già ascoltandole. Recentemente ho avuto la possibilità di incontrala e degustare alcuni dei suoi vini, ma soprattutto, ho avuto la possibilità di ascoltarla parlare dei suoi vini. Ed è stato incredibile.

Azienda Agricola Castello di Rubbia di Nataša Černic è una piccola cantina situata in Friuli, nella parte nord-est d’Italia, vicino al confine con la Slovenia, alla periferia di un villaggio chiamato San Michele del Carso. Produce vini sotto due certificazioni: Carso-Kras e IGT Venezia Giulia. Una visita alla sua cantina è una bella esperienza. Probabilmente, ci andrete pensando di trovare il classico edificio adibito a cantina dove si trovano le aree di invecchiamento e di imbottigliamento, ma è esattamente il contrario. In quella che una volta era una galleria di acceso ai rifugi della prima guerra mondiale, si trova una grande porta di metallo che che conduce alla parte più interna di una collina, ed una volta entrati, si ha la sensazione di essere ad una fiera medievale: tavoli con prodotti artigianali, tavoli con formaggio e prosciutto, bottiglie di vino tutto attorno inscatolate, in pallet e in gabbie d’acciaio. Il soffitto è in roccia con archi in mattoni, e qui si possono trovare botti di rovere, lì si possono vedere tini d’acciaio, e là un’antica pressa. Attorno alla sala principale c’è un corridoio scavato nella roccia con appesi alle pareti diversi dipinti, manufatti e altri serbatoi di acciaio.

Nataša produce due vini rossi: Cabernet Sauvignon (IGT Venezia Giulia) e Terrano (Carso-Kras). Da alcuni anni produce anche il Rosso della Bora (Terrano e Cabernet Sauvignon in passato, Terrano solo dopo il 2011, IGT Venezia Giulia). Poi nel reparto vini bianchi, produce Trubar (Vitovska, Carso-Kras), Malvasia (Carso-Kras), Vitovska (Carso-Kras) e il Bianco della Bora (Vitovska, IGT Venezia Giulia). Tutti vini da singoli vitigni. I vigneti si coltivano col metodo Guyot e la vendemmia è sempre fatta a mano.

Oggi parleremo della sua Malvasia, perché questo è un argomento su cui c’è molto da dire.

Come abbiamo detto, Nataša è un’enologa appassionata. Ha una passione per la sperimentazione con i vini. Sono stato attratto da suoi vini, dopo aver recentemente assaggiato la Malvasia 2013, un vino il cui mosto dopo la vendemmia riposa nelle vasche d’acciaio a contatto con le bucce per un massimo di sei giorni. Il vino rimane sui suoi lieviti per altri 12 mesi in tini di acciaio e poi viene imbottigliato. Rimane altri 12 mesi in bottiglia prima di essere immesso sul mercato. Si tratta di un vino incredibilmente morbido, molto strutturato e sorprendentemente corposo in bocca. Eppure, questa è la Malvasia più “regolare” o “di base” che produce.

Nel corridoio c’è un serbatoio da 1.100 litri con la Malvasia 2015 che ancora riposa all’interno. L’abbiamo assaggiata ed era veramente buona. Se Nataša non fosse stata in giro, ne avrei imbottigliato un po’ da portare a casa con me (forse 20 o 40 litri), ma non sapevo quello che avrei poi trovato. Nelle vicinanze, un altro serbatoio, con la stessa Malvasia 2015, in questo caso, un esperimento che stava facendo. Invece dei cinque-sei giorni del mosto a contatto con le bucce, il mosto aveva trascorso due mesi con le bucce. Il risultato? Beh, la parola incredibile non lo descrive sufficientemente bene. Poi mi ha spiegato che stava pensando di dividere il contenuto del serbatoio e mettere la metà di esso in botti di rovere per alcuni mesi e lasciare il resto nel serbatoio per vedere cosa sarebbe successo. Posso solo sognare l’esperienza di gustare il prodotto del suo esperimento. Tra l’altro, il nome che stava pensando di mettere sull’etichetta di questo vino è Cadenza d’Inganno, un termine musicale, quelli che usa per i suoi vini sperimentali.

Ormai eravamo in ballo. Nataša ha aperto una bottiglia di Leonard 2009. Una Malvasia proveniente da viti producono solo tre-quattro grappoli. Un vino superbo con una struttura davvero morbida e una consistenza che te ne fa innamorare. Il nome ricorda suo padre, che ha instillato in lei la passione per il vino. Si tratta di un vino incredibile.

Non avevamo ancora finito la degustazione. Siamo poi arrivati alla fine del corridoio dove si trovava un altro serbatoio da 1.100 litri. Un altro esperimento che Nataša stava facendo con la Malvasia 2011. In questo caso, il mosto era stato due anni in contatto con i propri lieviti, poi a riposo nella vasca da allora. Il vino aveva un colore arancio scuro e in bocca era delicato ma allo stesso tempo incredibilmente potente, con una struttura che si può trovare solo nei vini speciali. Questo vino sarà imbottigliato nel mese di gennaio 2017 e sono sicuro che non durerà troppo a lungo sul mercato, in quanto è un vino così speciale che sarà ricercato dagli amanti del genere. E non è un vino per tutti, ma coloro che apprezzano questo tipo di vino sicuramente lo ameranno. Ricordando ora è ancora possibile sentirne il gusto. Anche questo vino si chiamerà anche Cadenza d’Inganno.

Nataša produce anche una linea di vini bianchi Vitovska. Torneremo su questo argomento in futuro. E potremo nuovamente parlare con lei della sua passione per la produzione del vino. Come abbiamo detto, è facile ascoltarla per ore. Le regole di buona educazione ci hanno portato sulla via di uscita poiché lei era impegnata con altri visitatori, ma abbiamo comunque trascorrere ore a condividere la sua passione per il vino.

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